La plastica è un materiale molto comune ottenuto dalla lavorazione del petrolio, o di altre sostanze. Grazie alla grande facilità di lavorazione, le materie plastiche sono state e continuano ad essere ampiamente utilizzate a livello industriale per realizzare prodotti di ogni genere.
Come sappiamo, però, questo materiale, pur essendo comodo ed economico, ha un prezzo non indifferente per l’ambiente. La plastica, infatti, è un materiale che richiede un tempo molto lungo per degradarsi nell’ambiente. Soprattutto se abbandonata, può causare gravi danni agli ecosistemi, rilasciando sostanze tossiche nel terreno o nell’aria. Se abbandonata in mare, può diventare cibo per pesci ed animali marini ed entrare nella nostra catena alimentare. Inoltre, la produzione di plastica richiede l’impiego di molta energia e anche questo ha un significativo impatto sull’ambiente. Per tali motivi, il corretto riciclaggio della plastica è fondamentale per tutelare il nostro ecosistema. Per ridurre i rifiuti e la dipendenza dalle materie prime vergini, creare posti di lavoro e promuovere la sostenibilità economica.
Processo di riciclo
Quando si parla di riciclo della plastica ci si riferisce ad un processo che, partendo dalla raccolta dei rifiuti plastici, attraverso delle fasi di lavorazione, permette di ottenere nuovi materiali da reimmettere nei processi produttivi.
In realtà, esistono diversi procedimenti per il riciclo della plastica. Il più utilizzato è il riciclo meccanico, nel quale la plastica smaltita, attraverso un processo di triturazione, ottiene una nuova vita. Possiamo distinguere due tipologie di riciclo meccanico: quello a circuito chiuso e a circuito aperto. Il primo consiste nel riciclare un prodotto per crearne uno simile o identico: è il caso delle bottiglie delle bevande, riciclate per crearne di nuove. La seconda tipologia di riciclo meccanico è quello a circuito aperto, il quale prevede la trasformazione di un prodotto in un altro completamente nuovo. Ad esempio un imballaggio in plastica può essere trasformato in un tubo o addirittura in un paio di scarpe da ginnastica.
Un altro tipo di procedimento, invece, è rappresentato dalla termovalorizzazione. Quest’ultima permette di ottenere un recupero energetico attraverso specifici trattamenti di selezione e triturazione. Ciò permette di ricavare dalla plastica dei combustibili alternativi, utilizzabili poi per la produzione di energia termoelettrica o in altri processi industriali. Ulteriore processo, è il riciclo chimico. Esso prevede il ritorno alla materia prima di base, attraverso la trasformazione delle plastiche in monomeri della stessa qualità di quelli vergini.
Come riconoscere le plastiche riciclabili
Purtroppo, però, non tutte le plastiche possono essere riciclate. Per questo, in relazione alle pratiche da adottare per lo smaltimento del materiale, vi sono sette categorie, in base al polimero di cui sono composte.
Negli imballaggi di plastica e in molti oggetti da essa composti, c’è il classico triangolo che ci dice che è riciclabile, con all’interno un numero. A seconda del tipo di polimero, abbiamo termoplastiche o plastiche termoindurenti. La maggior parte delle termoplastiche sono plastiche riciclabili poichè, essendo costituite da polimeri caratterizzati da catene lineari o poco ramificate, è sufficiente aumentare o diminuire la temperatura per portarli ad uno stato liquido e trasformarli.
Le categorie della plastica
Tra le termoplastiche riciclabili troviamo:
- il PET (polietilene tereftalato) con codice identificativo 1, che spesso è usato per le bottigliette in plastica monouso;
- l’HDPE (polietilene ad alta densità), con codice identificativo 2, usato maggiormente per le vaschette rigide come quelle dei gelati;
- l’LDPE (polietilene a bassa densità) con codice identificativo 4;
- il PP (polipropilene) che invece ha il codice identificativo 5 e viene usato ad esempio per le cannucce.
- Le termoplastiche non riciclabili, invece, sono il PVC (cloruro di polivinile) e il PS (polistirolo), usati in modo maggiore rispettivamente per i tubi flessibili e come isolante, identificati con il numero 3 e 6 e caratterizzati da un’alta percentuale di sostanze chimiche tossiche che li rendono non riciclabili nelle normali raccolte.
- Diversamente, le plastiche termoindurenti, essendo particolari polimeri che, una volta prodotti, non possono essere fusi senza andare incontro a degradazione e carbonizzazione, sono tutte non riciclabili e classificate come “Altre Plastiche” con codice identificativo 7. Tali polimeri, però, possono essere stoccati in apposite discariche e poi termovalorizzati, cioè, bruciati per generare energia.
Come riciclare i rifiuti plastici
Tutti noi possiamo contribuire alla tutela dell’ambiente riciclando e/o depositando correttamente i rifiuti. E’ importante non abbandonare i rifiuti in modo indiscriminato, ma utilizzare gli appositi bidoni. Anche in questo caso, si deve evitare di gettare nella raccolta differenziata della plastica oggetti che non possono essere riciclati, come ad esempio i giocattoli e gli utensili da cucina. Per riciclare correttamente i rifiuti plastici si deve leggere attentamente il numero identificativo che si trova nel triangolino sulle confezioni o affidarsi all’etichetta di riciclaggio (OPRL) che comunica ai consumatori ciò che può o non può essere riciclato. Oltre a leggere le indicazioni sui prodotti, però, è anche importante verificare le indicazioni specifiche del proprio comune o della propria regione per la raccolta differenziata dei rifiuti, perché le regole possono essere diverse a seconda dell’area geografica.
Inoltre, prima di gettare la plastica nella spazzatura, è importante lavarla così da eliminare eventuali etichette o residui alimentari, e ridurre il più possibile le dimensioni dei rifiuti, ad esempio schiacciandoli. Quindi, riciclare la plastica è fondamentale perché evita che questa venga dispersa in ambiente e consente di riutilizzarla risparmiando l’energia che sarebbe necessaria per realizzare nuove materie prime, allora, riciclando, si riduce l’impronta che questo materiale ha sull’ambiente!
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