La notte tra il 5 e il 6 giugno un’esplosione ha segnato il crollo della diga di Nova Kakhovka, situata nella regione del Kherson, a sud dell’Ucraina. Il presidente ucraino Zelensky ha definito l’evento “una bomba ambientale di distruzione di massa”, a causa dell’importanza di questo evento e delle conseguenze che ha generato. Greta Thunberg, la giovane attivista svedese, ha definito l’evento un “ecocidio ai danni dell’Ucraina”, accusando la Russia di aver causato una catastrofe ambientale.
La diga
Dopo affermazioni di questa portata, è opportuno fare chiarezza su quali sono i danni sociali e ambientali che potrebbero derivare dalla distruzione della diga.
Ma facciamo un passo indietro. La diga di Kakhova è stata costruita negli anni ’50 ed era composta da ghiaia, roccia e argilla che la rendevano molto vulnerabile: infatti, anche una rottura parziale ne avrebbe potuto causare il crollo completo.
L’infrastruttura aveva diverse funzioni fondamentali. Creava energia idroelettrica, mitigava le piene, permetteva il raffreddamento della centrale nucleare di Zaporizhzhya e accumulava l’acqua per l’agricoltura.
Le conseguenze sugli ecosistemi
Oltre alle migliaia di persone senza acqua potabile ed elettricità, i principali problemi ambientali del crollo visibili al momento riguardano l’inquinamento dell’acqua e la perdita di biodiversità.
Inoltre, alla diga era associata una centrale idroelettrica e il versamento di petrolio che sta riscuotendo così tanta visibilità mediatica, altro non è che un versamento di olio idraulico e di altri prodotti petrolchimici necessari al funzionamento della centrale stessa. Queste sostanze si stanno dirigendo velocemente verso il Mar Nero in cui sfocia il fiume Dnipro, creando devastanti conseguenze all’ecologia marina. Si rischiano danni importanti per gli ecosistemi e le specie. Tra cui: l’insorgenza di forme di cancro, di potenziali mutazioni genetiche, dell’impossibilità per i pesci di riprodursi o di procurarsi prede, etc.
Le conseguenze sull’ambiente
Dopo la distruzione della diga, il grande bacino idrico ha iniziato a svuotarsi velocemente. Il fiume Dnipro è esondato rompendo gli argini in diversi punti e allagando città, villaggi e zone agricole e trascinando con sé diverse sostanze tossiche. Queste ultime saranno inevitabilmente assorbite dal terreno, rendendolo incoltivabile per molti anni. Questo, unito alla mancanza di acqua per i sistemi di irrigazione, provocherà gravi danni all’agricoltura, alle persone e all’economia. Inoltre, l’esondazione ha coinvolto tre parchi nazionali, uccidendo animali, pesci e uccelli e distruggendo paesaggi incontaminati come foreste, paludi, deserti sabbiosi, isole e baie marine.
Un ulteriore pericolo deriva dalle mine piazzate sulle sponde del Dnipro dai due eserciti. Esse rischiano di essere trascinate dall’acqua nei centri abitati, mettendo a rischio la vita di persone e animali nei prossimi anni.
Invece, per quanto riguarda il raffreddamento dei reattori e dei generatori diesel della centrale nucleare di
Zaporizhzhya, al momento non ci sono conseguenze imminenti grazie ad un bacino idrico per le emergenze, ma la situazione è tenuta sotto controllo.
Non possiamo restare indifferenti di fronte a questo crimine, abbiamo tutti il dovere di condannare
negativamente i responsabili di tale catastrofe affinché non si ripeta, perché i problemi ambientali da
risolvere sono già abbastanza senza che se ne aggiungano altri!